Gli Dei ritornano – Puntata 150

Che bella sensazione!
Mi sento avvolgere da un calore incredibile, una pace assoluta, mi sento troppo bene.
Non voglio che questa sensazione smetta, però mi devo alzare in piedi e andare verso l’entrata del quirinale.
Perché tutto attorno a me c’è solo luce però?
Non vedo nulla. So che ho la porta del quirinale davanti, ma non la vedo. Perché?
Massimo, quello mi sembra Massimo ma lo vedo così strano, quasi un’ombra anche se più viva, e gli altri? Ma quelle… cosa sono? Ombre di persone?
Perché le vedo così poco, quasi si confondono con tutta questa luce di fondo, ma che sta succedendo.
Ho il respiro affannoso, devo stare calmo e andare avanti, non posso mollare ora che sono a pochi passi dalla mia meta.
E tu chi saresti? Perché ti vedo come una macchia nera uniforme? Sei stato tu a spararmi? Perché ti dimeni così, a te questa luce non piace? Ma se è così calda e accogliente, non ho mai provato nulla di così intenso e bello se non in certi miei sogni da bambino.
Dai ancora pochi passi e sono arrivato, non lo vedo, ma so che sono arrivato.
Eccolo! Lo sento con la mia mano, il portone del quirinale.
Perché la mia mano trema?
Il sangue!
Una fitta al petto!
Non mi sento bene, devo appoggiarmi per terra. Perché non sto bene come prima? Voglio sentire ancora quella bella sensazione.
Mi hanno sparato!
Non ho più forze, sto male, aiuto!
Non c’è più alcuna luce. Il portone, ora lo vedo, ce l’ho fatta!
CE L’HO FATTA!
Hai visto che ci sono riuscito? E tu che pensavi non ce l’avrei fatta!

Le immagini di quel giorno fanno semplicemente vedere Raffaele che si rialza lentamente e che lancia un fortissimo e grottesco urlo che sembrava provenire dai meandri più profondi del suo corpo se non addirittura del tempo, da un’era atavica dell’uomo. Quell’urlo incuteva una paura vibrante ammutolendo tutti i presenti per centinaia di metri, e a risentirlo anche solo per registrazione mi da i brividi. Le immagini fanno poi vedere lui che a fatica e ciondolando si trascina davanti alla porta della questura con tutti i militari che si fanno da parte per lasciargli strada, eccetto chi ha sparato a Raffaele che come impazzito inizia ad urlare in modo spasmodico fino ad accasciarsi a terra senza vita. Infine Raffaele arriva davanti al portone del quirinale e si accascia senza vita.
Chi era lì però ha vissuto in maniera totalmente diversa quella scena, me compreso.
Quando Raffaele urlò in quella maniera così agghiacciante non riuscii a non chiudere gli occhi, ma quando li riaprii la luce abbagliante sovrastava tutto eccetto la figura di Raffaele che mi stava guardando e che poi iniziò a camminare verso quella che poteva essere la direzione del quirinale. Sembrava sospeso nel nulla si quella luce omogenea ma che emanava un tepore ristoratore. Dopo pochi attimi apparve una macchia nera che si contorceva, urlava e dimenava come fosse posseduta, intravedevo anche flebili immagini di un grigio molto chiaro attorno a me e potevo capire che erano le altre persone. Dentro di me sentivo crescere un senso misto di pace e angoscia che mi faceva contorcere le budella come se si stesse combattendo una guerra disperata e più la luce si affievoliva lasciando spazio a quel mondo che conoscevamo da sempre e più questo senso di angoscia prendeva il sopravvento.
Quando ormai tutto era tornato normale Raffaele si accasciò al suolo davanti alla porta del quirinale ormai senza più alcuna forza in corpo.
L’angoscia in quel momento prese il sopravvento risalendo lentamente l’esofago poi passando alla gola e infine andando a sfogarsi nel condotto lacrimale.
Tutti i presenti piangevano, come non avevano mai pianto in vita loro, come se avessero perso non solo un proprio caro, ma addirittura parte di se stessi.
Io faticavo a controllare quello stimolo finché non decisi di liberarmi da quel peso piangendo come quando da bambino cadevo e mi sbucciavo il gomito o il ginocchio di turno.
Monica mi abbracciò come per cercare conforto e anche la Betta la seguì di lì a poco. Ci abbracciavamo tutti e tre cercando conforto e quel calore che per qualche attimo aveva invaso il ogni parte del nostro essere. Non eravamo certo gli unici a farlo, si potevano vedere gruppi di persone che non si conoscevano abbracciarsi in maniera disperata, poliziotti e manifestanti che fino a poco prima si fronteggiavano agguerriti ora si scambiavano affetto tramite quegli abbracci.
Una cosa incredibile, con una sensazione sublime che nulla al mondo potrebbe ricrearla.
Nel mio cervello però iniziò come a lampeggiare una spia, dovevo portare via le ragazze da lì perché non c’era la minima certezza che tutto sarebbe proseguito per il meglio.
Tirai su col naso per cercare di fermare o almeno rallentare la copiosa fuoriuscita delle lacrime, poi presi le due ragazze per mano e iniziai a correre costringendole a seguirmi.