Gli Dei ritornano – Puntata 107

Marco?
Cosa ci fa qui? Perché ora? Perché proprio lui?
Mi sento il cuore battere all’impazzata, vorrei andare da lui e abbracciarlo, ma ho questa missione da compiere.
Devo recuperare questo Giulius Rade e portarlo dai miei capi.
Perché l’ho rivisto, mi sono venuti in mente tutti quei ricordi che stavo riuscendo a reprimere.
“Irina, tutto ok?”
“Si Zukov nessun problema.”

“Rade! Presto giù dalle scale, si muova!”
Perché Marco si è messo in mezzo, potevamo farcela e lui non avrebbe rischiato, ora invece speriamo non gli sia capitato nulla.

Come diamine ha fatto!
Un salto di sei piani ed è già in piedi. Non seguirmi ti prego.
“Rade, si muova!”
Devo raggiungere la cattedrale e consegnare Rade, qui tra poco si scatenerà l’inferno.
Ho il cuore che batte all’impazzata, ma non credo che sia per l’agitazione o la corsa.
Marco continua a seguirci, non molla, perché mi segui? Lasciami in pace!
Perché quelle sensazioni devono riaffiorare ora, perché mi devo ricordare di quanto sono stata bene.
“Lei deve uccidere quell’uomo che ci segue, mi vuole eliminare. Lei mi deve proteggere altrimenti non vi dirò nulla.”
“Rade, stia buono, so quello che faccio.”
“Ma lei mi deve salvare!”
Irina prende Rade e lo spinge violentemente in una piccola rientranza di un negozio della via.
“LEI LA DEVE SMETTERE!”
“Ma lei se ne liberi altrimenti…”
La pistola era già in mano ad Irina e puntata verso Rade. La gente che passava a qualche metro sembrava non accorgersi di nulla anche mentre Irina si volta verso la strada aspettando.
Io non ce la faccio più. Come posso continuare a fare quello che faccio, non ha più senso, mi hanno vietato di rivederlo, di parlarci, poi questo riaffiorare di ricordi bellissimi con lui.
Una sola notte io e Marco che però è valsa un’intera vita di ricordi e sensazioni, quello che faccio non mi piace, non mi è mai piaciuto ma pensavo non ci fosse altro per me e invece c’era, posso essere felice anche io, non sono quella che credevo, sono molto meglio.
IO ODIO QUESTA VITA!
Non riesco più a sopportare il peso di tutto quello che ho fatto.
Io voglio un’altra possibilità.

BANG!

Ti prego Marco uccid

Un silenzio assordante mi aveva invaso il cervello.
Tutti i miei pensieri si erano ammutoliti in un nano secondo.
Potevo sentire ogni singolo neurone fermo senza sapere cosa fare.
L’unica cosa che percepivo era il solo volto di Irina.
Una lacrima stava scivolando lungo la sua guancia destra per poi perdersi nel rosso del sangue che le era uscito dal collo.
Il suo viso però non era teso, arrabbiato o scosso, era rilassato, quasi felice.
Non riuscii a fare altro che ad appoggiargli la mano sulla guancia e accarezzarla un’ultima volta.
Era bellissima!
Un qualcosa di unico e magnifico.
Non mi scese nemmeno una lacrima, mi rialzai e mi buttai in strada per inseguire Giulius che nel frattempo era fuggito.
La gente, eccetto alcuni che non si erano resi conto di nulla, si stava muovendo in tutte le direzioni cercando riparo da noi.
Stavo per raggiungere Giulius quando finito l’ultimo palazzo mi si paventò davanti in tutta la sua possenza il duomo di Colonia.
Qualcosa di atavico e surreale mi si incuneò dentro.
Quella sensazione di stupore misto a ricordi sepolti, forse di rimembranze oniriche, mi bloccarono dal mio inseguimento.
Tutta la sagoma del duomo mi sembrava quasi estranea a quel luogo, ma non capivo dove l’avevo già vista, sentita o percepita.
Un po’ come per gli effetti speciali dei vecchi film, in cui si nota perfettamente che quanto si vede non appartiene realmente a quel luogo.
Però non capivo dove, come, poi una botta alla nuca, non datami da qualcuno, ma come un crampo fortissimo e un mal di testa istantaneo.
Mi voltai verso Giulius che aveva guadagnato nuovamente quei 40 o 50 metri e mi fiondai nuovamente all’inseguimento che però non durò molto, Rade fu raggiunto da un colpo alla testa sparato da una macchina che si era appena accostata al margine della strada a cui Rade si stava avvicinando.
La macchina ripartì immediatamente senza lasciarmi il tempo di fare nulla.
La gente era scioccata e gridava o correva lontano.
Mi avvicinai a Rade e controllai velocemente se aveva qualcosa di rilevante addosso, ma nulla.
Subito un rumore di frenata prese la mia attenzione.
L’Alfa GT che avevo usato quella sera si era appena parcheggiata e lo sportello lato guida si era aperto e non solo nessuno era sceso, non c’era proprio nessuno alla guida.
Una voce molto femminile calda e sensuale prese a rispondere alle numerose domande che mi affollavano la mente.
“Sono Stratego Terminale Esterno, ho ricevuto ordine di recuperarti, sei pregato di salire a bordo.”