Una morte sofferta

Finalmente Piergiorgio Welby è riuscito ad esaudire il suo desiiderio.
Morire e lasciare questa vita che per lui era solo una lunga e lenta agonia da quando aveva 18 anni.
Personalmente sono contento per lui e non posso che rimanere allibito quando la gente mi dice che è stato omicidio.
Come si può chiamare vita quella legata ad una macchina così invasiva, senza riuscire più a muoversi e quindi anche totalmente dipendente da altre persone?
Se io fossi stato al suo posto probebilmente avrei voluto la stessa cosa, morire in pace.
La medicina ha fatto passi da gigante, macchine che possono tenere in vita persone, ma a che prezzo, quello di non essere più liberi, di essere schiavi e fortemente dipendenti.
Ecco questo è un prezzo che io non accetto e comunque dovrebbe essere almeno un diritto a discrezione della persona, almeno in questi casi.
Lo stato, che siamo noi, deve fare qualcosa per tuttelare la libertà di scelta dell’individuo a qualunque costo.
Poi la religione, in questo caso il cristianesimo, ha fatto la figura peggiore di tutte mostrandosi ostinata nel mantenere posizioni arretrate di decenni rifiutandosi persino di celebrarne il funerale, nemmeno al peggior mafioso è mai stato fatto un’affronto del genere.
Welby era pur sempre un figlio di Dio e a mio modesto parere ha sofferto in tutti questi anni forse anche per portare alla ribalta questo problema e farci capire che è ora di cambiare e permettere di scegliere in questi casi così estremi.
Ad ogni uomo dovrebbe almeno essere permesso di morire con dignità .