Mi svegliai di soprassalto con un profondo respiro, ero nel mio letto.
Sul momento rimasi fermo lì, in mobile a fissare la stanza, ero frastornato.
Non capivo se tutto quello che mi ricordavo era stato un sogno oppure ero arrivato in qualche modo a casa senza sapere come.
Scesi dal letto.
In cucina c’erano i miei che stavano parlottando e mia mamma stava scaldando qualcosa.
“Vuoi la solita colazione della domenica?”
Domenica?
Non dovrebbe essere almeno lunedì?
Si, però allora i miei sarebbero al lavoro non qui a casa?
Forse ho sognato proprio tutto allora…
“No mamma, mi preparo e vado fuori a farla con gli amici come tutte le domeniche.”
La piazza era piena come in tutte le occasioni importanti, ma qualcosa iniziava a colpirmi, la giornata primaverile era soleggiata, però la luce non era forte ed intensa come la ricordavo, era un po’ più sbiadita.
La gente attorno a me parlottava e io non riuscivo bene a distinguere quello che dicevano.
Lasciai la mia bici al solito posto, davanti alla chiesa dove aspettavo i miei amici di lunga data per andare a fare colazione, ma di loro manco l’ombra.
Il bar era pieno come sempre e presi la mia solita pasta alla crema, veramente fragrante e dolce al punto giusto.
I miei amici erano seduti in un tavolino nella saletta dietro.
Li raggiunsi e mi sedetti.
“Allora ti sei divertito ieri sera con i ragazzini?”
“Te l’ho già detto più di una volta…”
Il barista mi interruppe senza volere.
“Scusa, cosa ti porto?”
“Un cappuccino con sopra il cacao in polvere.”
Non pensai nemmeno a continuare la risposta, perché nel frattempo i miei amici si erano già messi a parlare fra loro.
Addentai la pasta e mi resi conto che non aveva il solito sapore, anzi, non aveva praticamente sapore.
Mi voltai verso un’altro tavolo, l’ispettore Marco mi stava fissando.
L’ansia iniziò a prendermi e il cuore a battere sempre più forte, la luce lentamente iniziava ad abbassarsi.
Lo squillo del telefonino mi fece distogliere lo sguardo, mi era arrivato un sms ma non riuscivo a leggere il testo, erano tutte lettere incomprensibili.
Iniziai a sentirmi estraneo a quel luogo, come se non vi appartenessi realmente.
Sul display del telefonino vidi quel simbolo.
Potevo sentirmi il cuore in gola, la luce ormai era bassissima, la paura stava avendo il sopravvento su di me.
Mi voltai di scatto e l’ispettore non era più lì.
POtevo percepire il mio corpo sdraiato su di un letto.
Chiusi gli occhi e mi lasciai sfuggire un grido sbiascicando le parole.
“NON MI AVRETE MAI!”
La testa mi faceva un male del diavolo, mi sentivo in trappola quando riaprii gli occhi e mi ritrovai in una stanza piccolissima e totalmente buia.
Il problema è che io vedevo ugualmente, potevo distinguere il soffitto, la porta davanti a me, il lavandino e il water alla mia sinistra, ma tutto era in bicromatico grigio scuro e nero.
Il male alla testa stava scemando assieme all’ansia, ma io mi sentivo totalmente immobilizzato e anche se provavo a muovermi esso non rispondeva nella maniera sperata.
Una luce rossa stava comparendo davanti alla porta.
Dal mio orecchio sinistro percepii delle parole che non mi furono comprensibili seguite da una frase che invece mi è rimasta impressa a fuoco.
“Il soggetto si sta svegliando, deve essersi reso conto…”
In quello stesso istante il male alla testa e la paura iniziarono a crescere di nuovo proprio mentre mi sentii risucchiare e strappare via da quel luogo tanto angosciante.
Aprii gli occhi, non vedevo nulla, mi sentivo tutti i muscoli rigidi, la testa come se l’avessero tutta scecherata.
Lentamente iniziai a muovere le mani, poi le gambe e infine mi misi seduto sul letto.
Tutto quello che avevo appena passato sembrava scomparire lentamente, come se mai fosse accaduto, al sopraggiungere di una impetuosa domanda che stava prendendo possesso del mio cervello.
Dove mi trovato?