Gli Dei ritornano – Puntata 26

“Sono compiaciuto di questa tua decisione. Facci avere i soldi e la tua vita sarà salva.”
Ovviamente stava mentendo, ma non potevo fare altro che cercare di guadagnare tempo, quindi iniziai ad inventare.
Lentamente stavo rientrando in me, riuscivo a percepire meglio la mia situazione, non era più solo come se qualcuno o qualcosa mi guidasse.
Mi stavo guardando attorno, dovevo trovare una specie di arma, l’omone era sempre più vicino a me e la cosa mi faceva preoccupare.
L’unica cosa che attirò la mia attenzione era una finestra aperta poco distante.
“Ovviamente non sono qui, ma in una cassetta di sicurezza a Termini. Se mi accompagnate là sarò più che felice di consegnarvi il tutto.”
“Bene, allora dacci la chiave che noi andiamo a prelevare e tu potrai andare per la tua strada con i nuovi documenti.”
“Non vorrei sembrare inopportuno, ma preferirei andare io a ritirarli…”
Fui interrotto bruscamente il capo si stava pesantemente alterando e vista la vicinanza dell’omaccione fece aumentare la mia sudorazione.
Una goccia stava percorrendo inesorabile i solchi della mia faccia lungo la basetta sinistra.
La penna!
“Ok, penso che fra gentiluomini ci si possa fidare. Per recuperare i soldi avrete bisogno del codice. Posso usare la penna?”
Nel dirlo mi avvicinai alla scrivania, una penna era sempre meglio di nulla, ma come usarla?
Iniziai a scrivere numeri a caso, vidi una goccia staccarsi dalla ma fronte e macchiare il pezzo di carta su cui stavo scrivendo.
Passi lungo la scala, molto rapidi, la porta si aprì rapidamente e noi tre fummo catturati da quei movimenti.
“La polizia!”
Era il grido di disperazione del ragazzino che mi aveva accompagnato fin lì.
Ecco la mia occasione.
Sentivo perfettamente la penna nella mia mano, la strinsi forte e la puntai direttamente alla gola dell’omone che mi stava vicinissimo.
Quasi non si rese conto di nulla, sentii scivolare la punta della penna con tutto l’inchiostro perfettamente sotto il suo pomo d’Adamo.
Lo schizzo di sangue fu violento quanto prolungato, ormai per lui non ci sarebbe più stato molto da fare.
Vidi il ragazzino che guardava la scena come mummificato, impietrito.
Forse ci misi molto tempo a girarmi, o era stato il capo molto svelto, comunque la sua pistola era pronta a spararmi.

Bang!

Una scena durata pochi millisecondi ma che ricordo come un’eternità .
Ricordo il proiettile uscire dalla canna della pistola e io ancora di slancio dalla rotazione lanciai la penna insanguinata con tutta la forza che potevo verso chi mi stava sparando.
Mi sentii cadere da un lato, come se avessi perso l’equilibro, trascinato verso il basso dalla gravità incontrollabile e incontrovertibile.
Sinceramente non saprei che dire, però il proiettile mi sfiorò la spalla sinistra a non più di 5 o 6 centimetri di distanza.
La mia penna invece era andata a segno.
Conficcata nell’occhio del capo.
Non rimasi nemmeno stupito dell’accaduto, era come se avessi sentito la penna venire attirata verso quella destinazione da una forza che mi permeava.
Immediatamente mi rialzai e corsi vero la parete con la finestra e senza pensarci saltai fuori dandomi slancio sul bordo.