Questo è il secondo libro di Manfredi che leggo dopo lo scudo di Talos.
Come spesso, per non dire sempre, mi accade ho iniziato la lettura di questo libro un anno fa leggendo i primi cinque o sei capitoli senza che mi prendesse molto come storia.
Il periodo di ferie però è stato propizio e in una settimana l’ho divorato visto che più andavo avanti più mi prendeva, tanto che mi sembrava proprio di essere lì con i protagonisti a vivere le loro avventure.
Si tratta di un libro molto ben curato e preciso in cui la parte storica e culturale non è minimamente messa in dubbio sebbene quella dell’evoluzione degli eventi a volte lascia qualche perplessità.
Più di metà del libro è praticamente incentrata sui romani in Persia e nel loro viaggio verso oriente, mentre il restante è ovviamente in Cina.
Devo ammettere di essere stato rapito da come Manfredi sia riuscito a contrapporre e amalgamare l’ideologia di fondo romana e cinese, con le loro immense differenze e incredibili uguaglianze.
L’idea poi che questi due imperi avessero potuto incontrarsi in passato e magari incrociarsi culturalmente prendendo il meglio l’uno dall’altro mi ha sempre affascinato.
L’unica pecca è che è un libro molto incentrato sul protagonista Marco Metello Aquila ed eccetto altri due o tre comprimari gli altri personaggi sono un po’ lasciati in disparte sebbene in alcuni casi siano presenti per tutto il libro.
Assolutamente consigliata la lettura per gli amanti del genere e la mia speranza è che venga realizzato un film in futuro perché la trama e le innumerevoli scene d’azione potrebbero dare vita a qualcosa di molto bello anche al cinema.